RITROVATO PER CASO...
Sunday 13 June 2010 | 15:41
|
A volte è proprio nei momenti di povertà culturale e carenza di mezzi che si riescono ad elaborare
le idee più innovative. Purtroppo non è stato il caso del fuorisalone di questâanno, che
continua la sua discesa verso la commercializzazione di aziende già note e prende allo
stesso tempo le distanze dalla promozione di talenti emergenti. Non si capisce se è la paura
del nuovo che spaventa, o se di nuovo in realtà non se ne produce più. Di certo può sembrare
rassicurante continuare a stupire con collaudati colpi di scena, ma il prezzo che bisogna
pagare è unâatmosfera statica e pigra.
Câè da dire che il riciclo in generale e la nuova vita che possono assumere oggetti banali
hanno sempre un loro fascino. E questa è stata una delle chiavi vincenti di molte esposizioni
che hanno puntato sul recupero di materiali destinati alla discarica, riducendo lo spreco e i
costi di dismissione. Uno degli esperimenti maggiormente riusciti è stato quello che ha riunito
menti di famosi designer e artisti nel riuscire a creare oggetti di arredamento usando le briccole
tarlate e logore dei canali veneziani. In questo periodo in cui la tradizione e lâusato sono
particolarmente venerati, un tavolo volutamente segnato dal tempo e dalla decomposizione
naturale riscuote ammirazione.
Allâincirca la stessa logica accompagna le sempre più numerose creazioni in materiali poveri,
o grezzi, alla portata di tutti. Staccare un foglio A3 da un album Fabriano, arrotolarlo e metterci
allâinterno una lampadina è senzâaltro una dimostrazione di come con un minimo costo e
un ancor più misero sforzo si possa creare âdesignâ. Per non parlare dellâabuso di carta e
cartoncini, cartoni e veline che opportunamente piegati e modellati danno vita a qualsiasi tipo
di oggetto di arredamento o abbigliamento.
Ma non tutti seguono le stesse linee guida; un contrasto abbastanza stidente alla filosofia del
riciclo si trova nei piani alti dei lussuosi palazzi del centro, in cui Fabio Novembre allestisce per
Alviero Martini metri quadrati di showroom interamente in hi-mac, materiale di ultima generazione
(sebbene già presente lo scorso anno) che si rifà al corian, ma che lo supera in prestazioni,
e, soprattutto, in costi.
Chi poi le risorse di Alviero Martini non ce le ha si ingegna per creare con artefatti meno
costosi gli stessi effetti di fluidità e morbidezza delle forme. Molto usate le resine, le plastiche
ultraleggere e a volte anche le ceramiche, che restituiscono con le loro proprietà lâaspetto
flessibile di un tessuto, rimanendo lisce e continue, avvolgendo lo spazio e assumento sembianze
quasi organiche.
Altro filone ampiamente sfruttato è stato infine quello dei giochi di luce e delle riflessioni.
Intelligente stratagemma per amplificare e valorizzare ciò che altrimenti sarebbe passato
inosservato. Una normale candela inserita tra due specchi ad esempio crea una fila infinita di
fiamme oscillanti, come quelle delle chiese o dei templi. Oppure delle semplici proiezioni e
riflessi dâacqua (come quelle della Canon in Triennale) possono trasportarti in un mondo di
sensazioni oniriche lontane dal reale.
Volendo tirare le somme la sensazione che si prova dopo essersi sorbiti miliardi di
invenzioni/creazioni, esperimenti, colpi di genio, intuizioni e oggetti dâarte è quella di un design
che è fine a se stesso, che non sta puntando a qualcosa, che si riempie la bocca di ecosostenibilitÃ
o avanguardia tecnologica, ma che in realtà muore nel momento esatto in cui si gira lo
sguardo. Sembra che quasi niente sia pensato per durare, per creare una rivoluzione, per
risolvere problemi. Câè un sovraffollamento di suppellettili tutto sommato inutili, che abbelliscono
lo spazio e magari ti strappano un sorriso o un segno di ammirazione, ma che dimenticano
totalmente il ruolo che il disegno industriale dovrebbe occupare nella società , ossia quello
di renderla più vivibile, più sicura e confortevole, di permettere al maggior numero di persone
possibile di sentirsi a proprio agio allâinterno della quotidianità .