È andata.

Sono sopravvissuta a questa settimana.

Ho rischiato l’overdose di sciroppo per la tosse, il licenziamento per la narcolessia imperante nelle giornate successive alle folli notti di Milano e ho macinato chilometri e chilometri con la mia piccola e adorata mimì.

Tutto per vivere la gente che si raccoglie attorno a questa maniFESTAzione.

Adoro mischiarmi tra tutte queste persone colorate, eccitate, vitali e smaglianti, piene di vita e di voglia di vivere. La vera meraviglia della Fuorisalone è creata da tutte le file fuori dai locali, dagli sguardi curiosi che si ammassano sulle vetrine, dalle facce sconcertate di fronte ad opere spesso imbarazzanti nella loro inutilità. Mi piace vedere il narciso esaltato che si crede portatore di saggezza e creatività solo perché gironzola con un paio di occhiali rotondi alla Philippe Daverio, senza però averne la magnifica cultura. Adoro anche chi cammina senza sapere assolutamente ciò che potrebbe vedere se solo cominciasse a guardare, chi si ammazza di risate davanti ad un vodka lemon, chi si veste nel modo più assurdo concepibile solo per ricevere qualche occhiata curiosa di tanto in tanto. Un tentativo di essere altro da sè pur rimanendo sempre uguali, come ogni pezzo di design che non ha altra origine se non nella banalità del quotidiano. Una scarpa, un orecchino, un anello, un taglio, uno sguardo, un sorriso, un tatuaggio, un abbraccio,dettagli che possono trasformare: questa settimana tutto ha avuto il potere di diventare design e di essere fonte di incredibili storie che spero di poter leggere di nuovo l’anno prossimo.